Marco Aime, antropologo
modera Barbara Gramegna
L‘ultimo libro di Marco Aime (Einaudi, 2020) ruota intorno ad operazioni che siamo portati a compiere, spesso senza averne chiari i meccanismi e le conseguenze.
Classificare è una pratica che risulta utile alla semplificazione e ci porta a ricercare in individui e cose delle caratteristiche comuni che ce li fanno poi assegnare a un insieme, a una categoria, per farlo dobbiamo necessariamente “separare”.
Tutto questo pare alleviarci un po’ la fatica di comprendere un mondo sempre più complesso, ma ci riporta ancora una volta verso le pericolose conseguenze dei processi che appiattiscono, polarizzano, banalizzano.
Separare il noi dal voi, i buoni dai cattivi, i neri dai bianchi, quelli che parlano una lingua da quelli che ne parlano un’altra, ne fa categorie a cui sentiamo o non sentiamo di fare parte e che ci tranquillizza quasi sapere rimangano immutabili nel tempo, per non dovere rimetterci in discussione e concepirci come attori di società e relazioni che sono invece dinamiche.
Come mai accade tutto ciò e come questo meccanismo, fino a un certo punto inconsapevole, può diventare invece atto cosciente e determinante per la definizione di come vogliamo disegnare la nostra società?
Ingresso gratuito